Sfogliavo un quotidiano questa mattina e mi sono soffermato su una notizia che mi ha rattristato da morire perché c’è ancora troppa disparità di genere, razza, valore, rispetto alla persona e libertà!
Sto parlando di quanto succede in Afghanistan dove, dal 3 dicembre, è stato fatto divieto assoluto alle donne afghane di frequentare le scuole per diventare infermiere e ostetriche (le uniche due ancora accessibili da quando nel 2022 il regime talebano le aveva escluse da qualsiasi percorso di studio.)
Se approfondite la notizia sul WEB vi imbatterete in foto e video di giovani donne in lacrime che si abbracciano e si consolano, ben sapendo che per loro si è chiusa anche l’ultima porta che le potesse introdurre nel mondo del lavoro e della socialità, amplificando quello che le Nazioni Unite hanno definito “apartheid di genere” dove superati i 12 anni di età le donne non possono accedere a nessuna scuola e istruzione.
Sto parlando di quanto succede in Afghanistan dove, dal 3 dicembre, è stato fatto divieto assoluto alle donne afghane di frequentare le scuole per diventare infermiere e ostetriche (le uniche due ancora accessibili da quando nel 2022 il regime talebano le aveva escluse da qualsiasi percorso di studio.)
Se approfondite la notizia sul WEB vi imbatterete in foto e video di giovani donne in lacrime che si abbracciano e si consolano, ben sapendo che per loro si è chiusa anche l’ultima porta che le potesse introdurre nel mondo del lavoro e della socialità, amplificando quello che le Nazioni Unite hanno definito “apartheid di genere” dove superati i 12 anni di età le donne non possono accedere a nessuna scuola e istruzione.
A me non piace approfondire tematiche legate al giornalismo di cronaca per due motivi: il mio è uno spazioBLOG da “pensieri liberi e leggeri” e, soprattutto, non amo cavalcare l’onda delle notizie che hanno un forte impatto sull’opinione pubblica, ma quello che ho ascoltato al TG ieri mi ha molto infastidito, oltre che farmi arrabbiare, perché entriamo nei campi minati della “giustizia” e del “rispetto al dolore”, quello della signora Imma Izzo (in questo caso), madre di Noemi Durini, la 16enne barbaramente uccisa dal fidanzato il 3 settembre del 2017 a Specchia (LE).
Mi è piaciuto molto un incoraggiamento da parte di un’amica lettrice, a trattare un argomento rimarcato anche dal Santo Padre sull’importanza di avere maggiore rispetto e attenzione nei riguardi della TENEREZZA, che va ben oltre ad un freddo sostantivo femminile che ci siamo disabituati a citare e trattare con più rispetto quando parliamo di gentilezza e comprensione, nonostante da solo basterebbe, se messo in pratica da tutti, a fermare guerre, violenze e cattiveria tra gli uomini.
Immaginate a cosa si potrebbe ambire se la TENEREZZA germogliasse prepotente e costantemente in ogni nostro pensiero e azione verso il prossimo, sicuramente otterremmo un rispetto maggiore, perché la tenerezza è un’emozione complessa e profondamente umana, che dà il meglio di sé attraverso la spontaneità di sentimenti teneri, di protezione e amore, sia esso figurato che materiale, da rivolgere ad un’altra persona a cui tentiamo di trasmettere AFFEZIONE.
Immaginate a cosa si potrebbe ambire se la TENEREZZA germogliasse prepotente e costantemente in ogni nostro pensiero e azione verso il prossimo, sicuramente otterremmo un rispetto maggiore, perché la tenerezza è un’emozione complessa e profondamente umana, che dà il meglio di sé attraverso la spontaneità di sentimenti teneri, di protezione e amore, sia esso figurato che materiale, da rivolgere ad un’altra persona a cui tentiamo di trasmettere AFFEZIONE.
Dalle nostre parti i manicomi non esistono più dal 13 maggio 1978 grazie alla legge Basaglia, ma nel mondo sono attivi tantissimi ancora che servono per curare, custodire o “punire”, come è successo ad una studentessa universitaria fermata dalla polizia morale in un ateneo di Teheran.
Si chiama Ahou Daryaei, che tutto il mondo ha imparato a conoscere grazie ad un’immagine particolarmente impattiva, che la ritrae seduta su un muretto nel campus della Scienza e della Ricerca dell’Università islamica Azad della capitale con addosso soltanto biancheria intima e le spalle coperte da lunghi capelli neri, accerchiata da agenti al telefono e donne velate fino ai piedi della Gašt-e eršâd (la polizia morale).
Si chiama Ahou Daryaei, che tutto il mondo ha imparato a conoscere grazie ad un’immagine particolarmente impattiva, che la ritrae seduta su un muretto nel campus della Scienza e della Ricerca dell’Università islamica Azad della capitale con addosso soltanto biancheria intima e le spalle coperte da lunghi capelli neri, accerchiata da agenti al telefono e donne velate fino ai piedi della Gašt-e eršâd (la polizia morale).
Soffermandosi su una Community ho letto questo invito al confronto: “Tornereste a vivere negli anni ’80, quelli senza smartphone, internet, i social e le piattaforme TV?”
Bella domanda stimolante, vero?
Io, per non sbagliare, mi sono andato ad informare sulle “mode di quel tempo” e si sono aperti tanti emozionali cassetti di ricordi a leggere che andavano fortissimi i leggings, gli scalda muscoli, i guanti senza dita, i braccialetti di plastica, le calze a rete e i marsupi, oltre agli jeans a vita alta, le felpe colorate e le camicie a quadri (solo per citarne alcune).
Bella domanda stimolante, vero?
Io, per non sbagliare, mi sono andato ad informare sulle “mode di quel tempo” e si sono aperti tanti emozionali cassetti di ricordi a leggere che andavano fortissimi i leggings, gli scalda muscoli, i guanti senza dita, i braccialetti di plastica, le calze a rete e i marsupi, oltre agli jeans a vita alta, le felpe colorate e le camicie a quadri (solo per citarne alcune).
Ieri sera navigando in Internet mi sono imbattuto in un sito che offre servizi di “maternità surrogata” a prezzi vantaggiosissimi, che vanno dai 39.900€ ai 65.000€ a secondo dei tentativi e i tempi d’attesa oltre che, leggete bene: la scelta del sesso desiderato!
Il tariffario e le varie soluzioni a disposizione mi hanno incuriosito e così ho provato ad approfondire tra siti e slogan da “offerte Black Friday” sulle “alternative” alla natività ordinaria.
La ricerca mi ha fatto comprendere meglio la pratica della “procreazione assistita”, per la quale una donna si assume l’obbligo di provvedere alla gestazione e il successivo parto per conto di un’altra persona, a cui verrà poi affidato il nascituro e sul quale acquisirà responsabilità genitoriale, chiamata “maternità surrogata” o anche “utero in affitto”.
Il tariffario e le varie soluzioni a disposizione mi hanno incuriosito e così ho provato ad approfondire tra siti e slogan da “offerte Black Friday” sulle “alternative” alla natività ordinaria.
La ricerca mi ha fatto comprendere meglio la pratica della “procreazione assistita”, per la quale una donna si assume l’obbligo di provvedere alla gestazione e il successivo parto per conto di un’altra persona, a cui verrà poi affidato il nascituro e sul quale acquisirà responsabilità genitoriale, chiamata “maternità surrogata” o anche “utero in affitto”.
Perché tutto è un miracolo, tutto quello che vedi
E non esiste un altro giorno che sia uguale a ieri
Tu allora vivilo adesso, come se fosse l’ultimo
e dai valore ad ogni singolo attimo
Ti immagini se cominciassimo a volare?
Tra le montagne e il mare
Dimmi, dove vorresti andare?
Sono parole estrapolate da una canzone che amo particolarmente per la forza che sprigiona ogni volta che la ascolto, perché è proprio vero che, spesso, basta anche un po’ di silenzio attorno a noi per riscoprirsi più veri con se stessi, e comprendere che la vita è un viaggio imprevedibile, oltre che un miracolo che si rinnova giornalmente.
E non esiste un altro giorno che sia uguale a ieri
Tu allora vivilo adesso, come se fosse l’ultimo
e dai valore ad ogni singolo attimo
Ti immagini se cominciassimo a volare?
Tra le montagne e il mare
Dimmi, dove vorresti andare?
Sono parole estrapolate da una canzone che amo particolarmente per la forza che sprigiona ogni volta che la ascolto, perché è proprio vero che, spesso, basta anche un po’ di silenzio attorno a noi per riscoprirsi più veri con se stessi, e comprendere che la vita è un viaggio imprevedibile, oltre che un miracolo che si rinnova giornalmente.
Spesso mi imbatto in quei video motivazionali e dall’alto contenuto riflessivo sulla vita e le “cose” che ci appartengono, siano esse materiali o immateriali, altamente condizionatrici del nostro essere ed esistere.
Confesso che li abbandono quasi subito perché sembrano forzatamente esagerati e finalizzati solo a sorprendere e ben poco a lasciare nello spettatore un senso riflessivo profondo.
Ma un video che mi è rimasto particolarmente impresso mi piace riepilogarlo, perché continuo a credere che possiamo ancora salvarci dagli orrori della guerra e questa incomprensibile volontà di farsi del male e uccidere solo per rabbia, incomprensioni e invidia, che scatena follie omicide tra padri e figli, mariti e mogli, ragazzi e quel nemico di nome “malessere di vivere” che allontana dalle coscienze il prezioso valore assoluto da affidare alla VITA!
Confesso che li abbandono quasi subito perché sembrano forzatamente esagerati e finalizzati solo a sorprendere e ben poco a lasciare nello spettatore un senso riflessivo profondo.
Ma un video che mi è rimasto particolarmente impresso mi piace riepilogarlo, perché continuo a credere che possiamo ancora salvarci dagli orrori della guerra e questa incomprensibile volontà di farsi del male e uccidere solo per rabbia, incomprensioni e invidia, che scatena follie omicide tra padri e figli, mariti e mogli, ragazzi e quel nemico di nome “malessere di vivere” che allontana dalle coscienze il prezioso valore assoluto da affidare alla VITA!
Non so come la pensate voi, ma ho il sospetto che al mondo ci sia troppa volontà di farsi male, sfidandosi a suon di missili e attentati, che lasciano presagire scenari bellici per niente facili da gestire e tollerare, quando poi si mescola l’ideologia politica a quella religiosa, disseminando lungo un campo di battaglia, ampio quanto tutta la terra, mine che esploderanno al passaggio di chiunque si avventuri su quei territori, fosse in maniera diretta e personale, costituendo alleanze di difesa, che indiretta, quando anche criticare aspramente può significare essere etichettato come “nemico da punire”.
Questa non posso non commentarla, ed anche se siamo nel bel mezzo di una coda d’estate che ancora ne avrà per molto, è giusto riprendere un POST social molto in voga ultimamente, che rievocando una frase apparsa qualche anno fa sul quotidiano LIBERO in relazione al dibattito sulle natalità, sostiene che sarebbe il caso di “Togliete i libri alle donne e così torneranno a far figli.”
Sembra un indovinello, ma in realtà è solo l’amara, quanto inevitabile, verità da associare a questo acutissimo ed inseparabile amico quotidiano di cui nessuno, ormai, può farne davvero a meno.
Parlo di mister CELLULARE, questo geniale strumento alla portata di tutti, prodotto dall’intelligenza umana che ci fa stare mediamente 4-5 ore al giorno concentrati sul suo display perché sa fare di tutto: chiama, riceve, fotografa, immagazzina, invia, produce e riprende ogni cosa, sulla terraferma come sotto il mare e persino tra le stelle
Parlo di mister CELLULARE, questo geniale strumento alla portata di tutti, prodotto dall’intelligenza umana che ci fa stare mediamente 4-5 ore al giorno concentrati sul suo display perché sa fare di tutto: chiama, riceve, fotografa, immagazzina, invia, produce e riprende ogni cosa, sulla terraferma come sotto il mare e persino tra le stelle
“La credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica reale è la più pericolosa di tutte le illusioni.”
Parto da questo assioma coniato da uno dei padri della comunicazione: Paul Watzlawick, per concentrarmi con voi su un pensiero che mi gironzola in testa da un po’ e fa così: “Ognuno percepisce la realtà in modo e maniera diversa?”
Senza infognarmi in argomenti di natura psicologica, mi limito a tirare le somme sulle mie supposizioni che mi fanno credere che la realtà venga percepita in modo uguale dalla quasi totalità delle persone, ma che nei suoi minimi particolari crea differenze, del tipo: il colore verde lo è per tutti (a parte i daltonici) ma se iniziamo ad aggiungere delle gradazioni che lo allontanano dal “verde standard conosciuto da tutti”, si modifica anche la percezione in noi di come si lascia assorbire e cosa ci porta a ricordare o raffrontare di simile e similare
Parto da questo assioma coniato da uno dei padri della comunicazione: Paul Watzlawick, per concentrarmi con voi su un pensiero che mi gironzola in testa da un po’ e fa così: “Ognuno percepisce la realtà in modo e maniera diversa?”
Senza infognarmi in argomenti di natura psicologica, mi limito a tirare le somme sulle mie supposizioni che mi fanno credere che la realtà venga percepita in modo uguale dalla quasi totalità delle persone, ma che nei suoi minimi particolari crea differenze, del tipo: il colore verde lo è per tutti (a parte i daltonici) ma se iniziamo ad aggiungere delle gradazioni che lo allontanano dal “verde standard conosciuto da tutti”, si modifica anche la percezione in noi di come si lascia assorbire e cosa ci porta a ricordare o raffrontare di simile e similare
Spesso mi faccio aiutare dalle canzoni per affrontare temi che ci riguardano da vicino, ed oggi mi risuona in testa sempre lo stesso motivo, vecchio di qualche anno fa (Sanremo 2011) ma straordinariamente attuale e ottimo da prendere come spunto durante quegli esami introspettivi, di cui ogni essere umano necessita, quando ci si sente oppressi dalla tristezza, la noia, la delusione da qualcosa/qualcuno o arrabbiati con se stessi per qualche errore di troppo, che ci rende fragili e prede di pensieri negativi, catapultandoci in dimensioni che sanno di grigiore e tedio esasperato.
Un recente servizio giornalistico mi ha lasciato molto riflettere, perché nella sua leggerezza si porta dentro un vero e proprio DRAMMA ESISTENZIALE… e sì, credetemi, perché è un dato di fatto incontrovertibile quello che: se si sposano 2 figli unici, in quella famiglia non ci saranno zii e cugini da condividere.
Direte voi, dov’è il dramma?
Direte voi, dov’è il dramma?
In molti mi chiedono perché non scrivo pensieriBLOG da un po’ di tempo, ed io ho difficoltà anche a rispondere, perché dovrei rigirare la domanda, e chiedere a mia volta, del perché dovrei farlo se l’argomento principale che ci sta attanagliando pensieri ed animo è solo e sempre la GUERRA!
Sapete quante Galassie, più o meno come la nostra, esistono nell’Universo sterminato?
Si stimano oltre 100 miliardi (forse anche 200), e tanto dovrebbe bastare a farci essere meno presuntuosi nel crederci gli unici abitanti che popolano il Cosmo che si estende sopra le nostre teste. Piuttosto, oserei sostenere l’ipotesi che sono i tempi a non combaciare per farci incontrare con altre entità, più o meno simili a noi, create, evolute e poi estinte, chissà quando e perché.
Si stimano oltre 100 miliardi (forse anche 200), e tanto dovrebbe bastare a farci essere meno presuntuosi nel crederci gli unici abitanti che popolano il Cosmo che si estende sopra le nostre teste. Piuttosto, oserei sostenere l’ipotesi che sono i tempi a non combaciare per farci incontrare con altre entità, più o meno simili a noi, create, evolute e poi estinte, chissà quando e perché.
Ritorna prepotente il tema che da sempre divide l’obiettività civica da quella morale cristiana, dove la prima, partendo dal concetto che siamo in un paese democratico, ritiene che “ognuno deve essere libero di scegliere come vivere o morire”, mentre l’altra si frappone con forza ritenendo che “la vita è un dono che nessuno può decidere di interrompere o sopprimere volontariamente”.
Mi capita spesso di essere il destinatario di questa domanda: cos’è il dolore e cosa, invece, la felicità per te?
Indubbiamente c’è da spendere un fiume di parole e una moltitudine di concetti intorno a questi due stati sentimentali, così diversi ed estremi tra loro, in quanto l’uno è anteposto all’altro, e anche se cambiamo i vocaboli le identificazioni restano difficili comunque. (Provate a differenziare l’allegria dall’infelicità… la tristezza dalla serenità… o la sofferenza dalla contentezza e via discorrendo).
Indubbiamente c’è da spendere un fiume di parole e una moltitudine di concetti intorno a questi due stati sentimentali, così diversi ed estremi tra loro, in quanto l’uno è anteposto all’altro, e anche se cambiamo i vocaboli le identificazioni restano difficili comunque. (Provate a differenziare l’allegria dall’infelicità… la tristezza dalla serenità… o la sofferenza dalla contentezza e via discorrendo).
Ho visto con grande piacere l’ultimo film di Paola Cortellesi, uno spaccato preciso e intenso sull’Italia post-guerra, ad un passo dalla Repubblica, che mi ha tanto emozionato perché non lo ritengo un film “SULLE donne di quel tempo”… ma “un film DELLE DONNE di ogni tempo”, che può aiutare a riflettere e comprendere quando sia preziosa la libertà di essere se stessi e pretendere rispetto come DONNA!
A fine pellicola, mentre uscivo dal cinema, ascoltavo commenti del tipo: “ma come si fa ad accettare quelle violenze” o “tutta quella brutalità è si resta a soccombere in silenzio, senza mai reagire?”
A fine pellicola, mentre uscivo dal cinema, ascoltavo commenti del tipo: “ma come si fa ad accettare quelle violenze” o “tutta quella brutalità è si resta a soccombere in silenzio, senza mai reagire?”
Sembra trascorso chissà quanto tempo nell’affermare che tutto è iniziato con “IL SECOLO SCORSO”, ma in realtà parliamo di poco più di vent’anni fa, dove il 2000 veniva visto come qualcosa di incerto e preoccupante, del tipo: una sorta di porta su un futuro tutto da scrivere, ammesso che non ci fossero gli alieni o qualche nuova palla di fuoco a sterminare la nostra razza. Ed erano davvero in pochi ad immaginare che tra gli imprevisti incalcolabili da fronteggiare ci potessero essere GUERRA, EPIDEMIA DI RAZZA e la CRISI CLIMATICA.
È sulla bocca di tutti… la si sente in ogni telegiornale… la si legge su ogni quotidiano e la pronunciamo di continuo anche tra i nostri stessi guai…
Parlo della TREGUA = questo sostantivo femminile ad indicare una sospensione temporanea delle ostilità, che mai come in questo ultimo periodo cerchiamo insistentemente, per la paura di non saperla più nominare e raggiungere, quando la cattiveria e la disumanità arriva fino dentro le nostre case.
Parlo della TREGUA = questo sostantivo femminile ad indicare una sospensione temporanea delle ostilità, che mai come in questo ultimo periodo cerchiamo insistentemente, per la paura di non saperla più nominare e raggiungere, quando la cattiveria e la disumanità arriva fino dentro le nostre case.
L’ho notato qualche giorno fa su una bacheca e voglio riportarlo per considerare quanto citato:
“Perché, se mio figlio decide di andare a lavorare a Londra per un futuro migliore è un bravo ragazzo, mentre se lo fa un figlio dell’Africa, che per scappare da fame e guerra sfida il mare e le sue profondità, è solo un profugo, caso mai terrorista e buona a nulla, da rispedire a casa propria il prima possibile?”
“Perché, se mio figlio decide di andare a lavorare a Londra per un futuro migliore è un bravo ragazzo, mentre se lo fa un figlio dell’Africa, che per scappare da fame e guerra sfida il mare e le sue profondità, è solo un profugo, caso mai terrorista e buona a nulla, da rispedire a casa propria il prima possibile?”
L’argomento, e il fatto di cronaca grave in esso contenuto, è troppo importante per non parlarne, visto che è da un po’ che non scrivo pensieriBLOG per l’illusione di credere che sotto l’ombrellone ci porti solo stanchezza da lavoro, bisogno di rilassarsi e necessità di spegnere i telegiornali…
Purtroppo, però, non è così, e fa un gran male rendersi conto che le disgrazie non vanno mai in ferie, ed anche se teniamo spenta la TV e stiamo alla larga dai quotidiani, i numeri maledettamente crescono sempre più, soprattutto quelli riferiti ai morti annegati nell’insaziabile cimitero salato del mare, così come le morti per femminicidio, quelle per le sciagure inaspettate, le follie omicide, fino ad arrivare ai danni causati da questo clima che ci sconvolge sempre più coscienza ed esistenza.
Purtroppo, però, non è così, e fa un gran male rendersi conto che le disgrazie non vanno mai in ferie, ed anche se teniamo spenta la TV e stiamo alla larga dai quotidiani, i numeri maledettamente crescono sempre più, soprattutto quelli riferiti ai morti annegati nell’insaziabile cimitero salato del mare, così come le morti per femminicidio, quelle per le sciagure inaspettate, le follie omicide, fino ad arrivare ai danni causati da questo clima che ci sconvolge sempre più coscienza ed esistenza.
L’albo dei giornalisti ci esorta a dialogare il più possibile con i lettori su un tema per il quale siamo “maledettamente in ritardo”, e cercare di rimediare il più possibile all’irrimediabile; sto parlandovi dei cambiamenti climatici che stanno interessando il nostro paese, tra caldi eccessivi con incendi sparsi ovunque (tra dolo e surriscaldamento) e masse d’acqua piovute giù dal cielo con una forza inimmaginabile, che determina alluvioni, scatena uragani e ci bombarda con chicchi di grandine grandi quanto una palla da Tennis, che ci lasciano presagire un catastrofico finale della Terra dove noi, poveri mortali possiamo solo subirne le conseguenze visto che… siamo maledettamente in ritardo!